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Steve Sabella in Verona | Camilla Bertoni | Exibart

September 2014

Diario di viaggio. Di un viaggiatore vero, che dalla Palestina è fuggito in Europa e che guarda il mondo con gli occhi di un esiliato Esilio, indipendenza, transizione, metamorfosi. gravita intorno a questi pensieri l’“Archeologia del futuro” del palestinese Steve Sabella in mostra a verona per la sua prima personale italiana. Sono idee che fluttuano e si depositano su frammenti da intonaci di case abbandonate, appaiono in reperti, che sono finti e veri allo stesso tempo, si stratificano, costringono a un cambio di prospettiva, da un molto vicino che distorce la percezione secondo un proprio preconcetto mentale, a una distanza che consente al contrario di mettere a fuoco la realtà, trasformano visioni in texture che si formano nella mente prima ancora che negli occhi.
Il vissuto di Sabella sta alle radici del suo lavoro, un vissuto dominato da un senso di divisione, di conflitto, di fuga. Nella gerusalemme dove è nato nel 1975, le restrizioni si fanno soffocanti, la percezione che quella normalità in realtà non lo è, lo porta ad andarsene, prima a Londra (nel 2007) e poi a Berlino (nel 2010). E infine a tornare, come fosse un archeologo appunto, a scavare e cercare in quella stessa città, ricucendo tra loro, oltre i muri che la dividono, significati apparentemente lontani, cercando una via di uscita verso il futuro. In sette serie di immagini, si svolge il racconto, non cronologico e nemmeno didascalico, del rapporto con una città altamente simbolica, una città che non si vede, ma che si respira nelle sue opere. Un luogo è come lo si vive, uno stato mentale prima di tutto, per usare le sue stesse parole. gli elementi delle architetture della città diventano il disegno strutturale di un alveare che imprigiona lo sguardo (la serie In exile del 2013). La liberazione si esprime nel fluttuare di corpi nell’indistinto (Independence, 2013).
I sassi della città vecchia e i frammenti di case abbandonate si stratificano fino a mimare reperti archeologici (Till the End, 2004 e 38-Days of Re-Collection). Il tempo che passa e la ciclicità dell’esistenza sembrano essere la sola via di uscita (Exit 2006). Una ricerca forte, che si tiene lontana da riflessioni scontate, anche se a volte l’esito formale non va di pari passo con l’intensità del pensiero del loro autore, alla forza del suo intento. La mostra, sostenuta dalla galleria Box Art, è stata realizzata in collaborazione con Artverona, la fiera di arte moderna e contemporanea che ha celebrato con molte manifestazioni collaterali la sua decima edizione. Camilla Bertoni

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