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Steve Sabella ­ In Exile Conversazione con l’artista | Sara Rossino | Exhibition Catalogue | Metroquadro Gallery, Turin

May 2010

 


Trovandosi di fronte alle opere della serie In exile di Steve Sabella per la prima volta, si può stranamente avvertire un senso di familiarità. Non nei confronti dei luoghi che compaiono nelle immagini, frammenti di una realtà soggettiva estranea a chi le guarda, dettagli della quotidianità londinese che l’artista vive da ormai tre anni con la sua famiglia, da quando ha lasciato la Città Vecchia di Gerusalemme. Queste schegge di memoria catturate, ritagliate e ricomposte, intime per Sabella perché appartenenti alla sua dimensione quotidiana, sono invece distanti dallo spettatore, prive di un riferimento familiare o riconoscibile, estratte da un anywhere anonimo.
Nelle composizioni di Sabella ci si trova di fronte ad una realtà personale ricostruita, che mantiene ormai soltanto un labile aggancio referenziale nei confronti del mondo riconoscibile, ma che slitta inevitabilmente verso una dimensione invisibile, mentale.
States of mind è la definizione che l’artista ha dato di questi lavori. Lo stato d’animo è ciò che risuona come già conosciuto di fronte alle immagini, ciò che le avvicina all’esperienza individuale di ciascuno di noi, o almeno di chi sia penetrato in profondità nella consapevolezza dell’esistenza. Il disorientamento, il disordine, l’alienazione, che costituiscono le componenti essenziali di In exile, sono la condizione che caratterizza il nostro rapporto di individui contemporanei con il mondo dentro e fuori di noi. Per questo, incontrando le opere di Sabella per la prima volta lo spettatore ritrova una condizione che, più o meno consapevolmente, già conosce. La vertigine che si prova di fronte alla realtà frammentata e ricostruita dall’artista, la difficoltà nel reperire un punto di partenza o di arrivo nel labirinto di schegge di In exile, sono sentimenti che l’individuo può sperimentare nel relazionarsi con la realtà, con la sua varietà e molteplicità, nel vivere in un mondo privo di limiti, ma anche di appigli, di sostegni, di legami.

La modernità liquida, come la definisce il sociologo Zygmunt Bauman, in cui siamo immersi costituisce un continuum di luoghi, immagini, frammenti di vite, volti, voci, che spesso non permette di comprendere ­ nell’accezione originaria di cum prehendere, prendere con sé, trattenere, afferrare ­ ciò che entra in collisione con la nostra realtà singolare, ad una velocità troppo alta per essere “umana” e in una forma liquida appunto, priva della solidità necessaria per essere afferrata e trattenuta, quindi compresa. I lavori di Sabella trasformano in immagine questa condizione, rendono visibile in modo inevitabilmente esplicito lo stato d’animo di chi abbia provato la vertigine dell’individuo contemporaneo, circondato da possibilità illimitate, immerso in una realtà aperta e fluida, ma spesso intrappolato nella sua incapacità di decifrarla e di trovarvi la propria collocazione... 

 

 

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