2014
Si suppone che io scriva un testo. Su Steve Sabella. Per la mostra Archeologia del Futuro. Steve e io abbiamo già lavorato insieme. In occasione della XV Biennale di Fotografia di Houston (Texas) che si è svolta nella primavera di quest’anno. Allora avevamo esposto i foto-collage dei suoi cicli In Exile e Metamorphosis. Le opere di Steve mi sono entrate in circolo. Forse perché Steve mi è entrato in circolo come persona e come artista. Per far capire ciò non posso separare il suo lavoro dalla sua vita. E soprattutto non posso distinguere tutto questo da quello che sta accadendo oggi a Gaza. Ecco perché non sono molto interessata a scrivere un’anamnesi da storica dell’arte. Preferisco di gran lunga approcciare il suo lavoro dal punto di vista privilegiato di un archeologo. La mostra a Verona presenta con attenzione un parcours in sette stazioni della poetica di questo artista. Sette tappe che conducono attraverso il processo da lui compiuto per affrontare situazioni segnate da conflitti politici, che hanno lasciato traccia e si sono depositate in vari livelli del suo inconscio. La mostra è un viaggio archeologico. Frammenti/oggetti trovati/detriti di memoria vengono scavati, assemblati, classificati e ricomposti insieme. Il mio sforzo è tentare una ricostruzione. È un tentativo verso la visione del quadro nella sua interezza. Da angolature differenti.
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